Guia Besana

Quando
Tutti i weekend dal 13 al 29 maggio 2022
venerdì dalle ore 18.00 alle ore 23.00
sabato e domenica dalle ore 10.00 alle ore 19.00

Carry On

At first glance Carry On is a staged work on fear of flying.

In depth with this series of images, I metaphorically confront concepts such as life, control and time through the idea of fear of flying: It is about that unease of not being in control of events in a world where everyone is constantly trying to be in control.

We carry-on our emotions with our hand luggage and into the airplane. We sit amidst strangers in a pause from reality, suspended in the atmosphere where attachment to life takes different contours and perspective twists to a deeper place.

Viaggio nell’Immaginario del Volo
di Viana Conti

Con la serie Carry On, la fotografa Guia Besana, restituisce in mostra, come nelle tessere di un mosaico, le proiezioni di un immaginario femminile in volo. Il suo mondo è quello della staged photography, quel mondo, ovvero, che urge nella mente dell’artista e che, a partire dall’inizio della mise en place dei suoi componenti, trasforma progressivamente l’illusione di un set artificiale in realtà: in un’opera potenzialmente in grado di suscitare emozione sensoriale in chi la guarda.

Il titolo Carry On oscilla tra il senso letterale di bagaglio a mano e quello metaforico di un viaggio interiore in cui si affollano sensazioni di paura, di carattere contingente dovuto alle condizioni del volo, e proiezioni in un futuro visionario in cui, con passeggeri sconosciuti, si possa condividere la casualità degli incontri e il sentimento di un’intensa avventura collettiva. Osservando le labbra dischiuse della bella donna, dai grandi occhi azzurri, sembra proprio di sentirle sussurrare Together Forever…insieme per la vita.

Che la protagonista di queste proiezioni oniriche sia una giovane donna è immediatamente percepibile dalla tipologia degli oggetti personali sparsi sopra o ai piedi del sedile dell’aereo, sul rosa, morbido tessuto operato: borsette, un portacipria aperto, una collana madreperlacea, vari accessori di cosmetici, un reggiseno azzurro con pizzo francese valencienne bianco, una sacca color panna, lo spigolo scuro dell’immancabile bagaglio a mano, che intitola la mostra e il contesto. A giudicare dal bicchiere rovesciato, da una bottiglia di alcolici quasi vuota, non sono mancati neppure i tipici generi di conforto serviti su un aereo di linea. Accanto, tuttavia, a questo piccolo arsenale scomposto di oggetti d’affezione e seduzione, emergono, a un secondo sguardo, altri particolari, questa volta inquietanti, riflettenti un’inconfessata tensione della viaggiatrice. Si tratta dei mozziconi di sigarette addensati su un portacenere, di un simbolico puzzle con tasselli sparsi sulla moquette di un ritratto di donna dal volto allarmato, in parte scomposto in tessere. Nonostante il sorriso o il sonno dei compagni di viaggio, aleggia un senso di precarietà diffusa.

Nel linguaggio di Guia Besana non parlano solo i dettagli, ma anche i segni, le posture, la scelta degli abiti, i tessuti, le prospettive delle riprese fotografiche, i primi piani e gli sfondi. Parla l’immobilità, senza racconto, di oggetti e figure congelate in freeze frame in cui, imprevedibilmente, un soffio di vento solleva il bordo del vestito di organza della bionda Ragazza gialla/Yellow Girl che, accanto alla carcassa abbandonata del velivolo, si sgancia, con lo sguardo perso nel vuoto, la cintura di sicurezza, lasciandosi poi cogliere anche di schiena. Il racconto è nei suoi occhi assorti, sulle labbra inerti, nel degrado e nelle ossidazioni dell’immane corpo d’acciaio del reperto aereo che le sta al fianco e alle spalle. A ben guardare, si scopre spesso nelle mise en scène di Guia Besana la ricerca di mimetismo tra figure, ambiente, abiti, questi ultimi sovente in organza e a fiorami. Una prospettiva diversa intitola il relitto di un grande aereo di linea atterrato sui cespugli incolti di un campo in aperta campagna o ai margini di una città. La sua presenza imponente, al centro della scena, cerca lo sguardo dello spettatore con tutta una potenzialità inquietante e incongrua insieme, come un grande totem eretto al dio dell’aerodinamica. Nell’opera di questa artista convivono le componenti, di ascendenza freudiana, del Perturbante/Das Unheimliche, e quella di un’autoironia, presente in grandi registi cinematografici come Alfred Hitchcock. Si caricano, infatti, di un sottile humour certe sue staged photography di shock quotidiani come un inciampo sulle scale, deliri visionari come nell’opera in mostra Sweet, che presenta un ammaraggio, in aperto oceano, di una giovane donna in sottoveste con tanto di paralume e divano al seguito, o ancora in Him me and you l’autoidentificazione della fotografa stessa in un pilota in rigorosa uniforme, ma con la sua capigliatura bionda. Ironico anche il titolo The Conversation tra due donne di generazione diversa: nella proiezione immaginaria quella di una nonna morta a 97 anni senza aver mai volato né superato la paura del volo, e quella di sua nipote, l’artista nella fattispecie, entrambe in abiti accuratamente démodés, con borsette in nuance, pettinate con lo stesso chignon, in posizioni semifrontali o di schiena, poi simmetricamente ribaltate, riprese in un campo selvatico davanti al nostro monumentale relitto aereo abbandonato. Ancora proiezioni di un ego visionario e desiderante in Whimsy: una candida scia di condensazione che attraversa un cielo azzurro, in assenza dell’aereo svanito tra le nuvole, mentre in Wish On Snow si intravedono, in un campo innevato, resti di difficile identificazione. Sempre resti sono la collana/Necklace appesa a un tubicino della carcassa dell’aeromobile o quelli di The Red Tray, il vassoio rosso di un pasto bruscamente interrotto da un incidente su un terreno di possibile natura vulcanica. Quando l’avvenente hostess, che avanza con una bibita rossa sul vassoio, si presenta virtualmente ai viaggiatori dicendo My name is my name, non fa altro che annunciarsi con la locuzione tautologica il mio nome è il mio nome, niente di più di due frasi ripetute che ne cancellano l’identità personale e la confermano come vuota icona di un servizio.

Negli scenari delle sue simulazioni è leggibile una componente performativa, un’azione ibernata, un’innaturale perdita dei sensi in un sonno simile spesso al deliquio, talvolta perfino alla morte per avvelenamento. Quando realizza una fiction, una staged photography, un set digitale, è la sua realtà che propone all’osservatore, mentre quando realizza un reportage è la realtà esterna che riprende, mediata, ovviamente, dalla modalità del suo sguardo e dalla sua fotocamera.

Sue opere spesso presentano atmosfere velate di malinconia, rinvianti a un isolamento della persona, a un affollarsi di immagini e film mentali assimilabili all’opera fotografica dello statunitense Gregory Crewdson, ma con un suo apporto autoironico, mentre in altre serie inserisce parti geometriche specchianti per ricostruire una sorta di automa femminile dal corpo in frammenti.

Bio

Membro dell’Agence VU (Parigi/Francia) dal 2020 Guia Besana è una fotografa nota per i suoi scenari cinematografici stilizzati.

Il suo lavoro rappresentato da VisionQuesT4rosso galleria contemporanea (Italia), è apparso in gallerie e musei da Parigi, New York, Los Angeles, Buenos Aires, Venezia, Torino … con spettatori attratti dalle sue immagini spesso oscure, misteriose o provocatorie.

Fotografa autodidatta, Guia Besana mette a fuoco con particolare attenzione la psicologia e le questioni femminili. Le sue fotografie intrecciano temi sociali ed esperienze personali giocando tra i confini fra la fotografia fiction e non-fiction e creando “mise en scene” che veicola nel suo lavoro Fine-Art e nei commissionati di ritratto e corporate.

Con il suo reportage, Inside Teheran, nel 2004 ottiene il suo primo riconoscimento come finalista al Leica Oskar Barnack (Arles/Francia) .

Nel 2012 vince il Premio Grin con Baby Blues 5Milano/Italia).

Nel 2018 Guia Besana è selezionata come Lens Culture 35 Photographers to Watch, e nel 2019 vince il Julia Margaret Cameron Award e viene selezionata per il libro AI-AP35 Book.

Con la sua narrativa Guia Besana contribuisce regolarmente a pubblicazioni e partecipazione a fiere fra cui:

The New York Times, TIME, The New Yorker, Vanity Fair, National Geographic, The Guardian, Le Monde, D di Repubblica, Marie Claire.

Charlotte/The Light Factory (USA) – Buenos Aires/Festival De La Luz (Argentina) – Torino/ The Phair, Cortona /Cortona On The Move (ITALIA) – Barcellona/ Biennale (Spagna).

Canon Ambassador dal 2016.